L'uomo Blu
Aggiornamento: 9 feb 2022
"C'erano due ragazzi che intrapresero un viaggio entusiasmante, avvincente, difficile, insieme ad altri stupendi esseri umani. Quei due ragazzi li conoscevo e li ho incontrati in un luogo e in un non luogo.”
Il mio viaggio per raggiungere il progetto Gaia iniziava il 26 dicembre del 2020. L’itinerario prevedeva Torino Genova in motocicletta, Genova Porto Torres sulla nave e poi via, tra le strade stupende della Sardegna verso Valle della Luna.
Partire in motocicletta in pieno inverno non è una cosa da sottovalutare e ammetto che mi metteva un pò di timore, perché i pericoli di viaggiare in moto sono molti e ancora di più se lo si fa d’ inverno. A questo si aggiungono le difficoltà dovute alla pandemia, come anche il semplice spostarsi, che necessità delle cosi dette comprovate esigenze.
La mia urgenza più grande? Beh, non era certamente lavorativa! Si trattava più che altro di vivere un'esperienza, farlo con l’entusiasmo di una scoperta, con l’apertura di un cuore soggiogato da paranoie e paure.
Incontrare a casa sua la natura, farlo insieme a delle persone che avevano appena iniziato a conoscerla e che con lei avevano un pò di confidenza, significava per me concedermi l’opportunità di sconfiggere quelle paure e insieme liberare i cuori.
Appena sono partito il vento pungente che mi attraversava il corpo piano piano ha come depurato la mia anima dal senso di ansia lasciando che il piacere e il senso di libertà prendessero il suo posto e lasciandomi sorprendere dalla l’immersione nel paesaggio che un viaggio in moto sa regalare. Tutto è filato liscio e una volta giunto a destinazione, un’eccitazione improvvisa mi ha pervaso il corpo, avevo gli occhi colmi di bellezza, davanti a me il mare e la tanto attesa Valle della Luna.
Appena incontrai il gruppo pensai subito: “Tutti sono belli, vibranti di energia, nonostante i giorni difficili che hanno passato prima del mio arrivo, sotto il vento, la pioggia, in mezzo al fango, a scontrarsi con mille avversità, eppure non si danno per vinti. Sono molto più debole io che vengo da una città con tutte le sue comodità”.
Mi accompagnarono in caverna, era buia, molto buia; qualche lampadina illuminando a fatica facilitava, se cosi si può dire, lo spostamento al suo interno. Il pavimento come il soffitto sono fatti di sabbia arenaria, fragile, come le nostre vite.
Mentre scrivo molte immagini si sovrappongono e non riesco a tenere un ordine cronologico. Quello che ho visto, quello che ho provato, quello che ho vissuto è stato intenso e forse troppo difficile da descrivere per una mano poco allenata alla penna come la mia.
Ciò che provo per certo è un profondo senso di gratitudine verso quegli avvenimenti straordinari che dissipano il senso di vuoto e ti cospargono di verità, che ti infondono una speranza inconcepibile che finalmente si fa spazio tra la noia e l’apatia. Quando si coglie un’opportunità come questa, si può sperimentare una realtà certamente diversa ma comunque autentica, questo nello svolgersi dell’esperienza stessa ti da la misura di quanto la rarefazione della realtà che consideriamo “normale” renda tutto vano e meschino, ma nell’abbondanza di ciò che veramente è essenziale tutto questo sparisce e ci sei solo tu, vivo.
Ho potuto mettere alla prova la mia capacità d’adattamento, ho potuto vincere l’ego e abbattere il giudizio, contro ogni aspettativa. Da una cavità della terra ho visto eventi meteorologici stupendi , ho fatto il bagno, ho mangiato sabbia, mi sono asciugato al vento di maestrale. Ho corso di notte tra sentieri rocciosi illuminati solo dalla luna. Ho parlato al mare danzando, ho cantato, ho suonato, mi sono liberato.
Ho scoperto i canti medicina, alcuni mantra, la pratica del cerchio di parola e quella del silenzio. Ho potuto accertarmi del fatto che poggiando lo sguardo all’interno dell’altro, nella sua vita interiore, tutti siamo molto più forti, molto più belli, molto più veri di quello che pensiamo. Ho capito che ci sono delle comunità che sfuggono alla vita moderna, alla vita delle città. Per alcune persone non può davvero avere senso rinunciare al richiamo atavico che ognuno di noi sente nel proprio intimo.
L’uomo inventore ha potenziato la mano con la zappa per scavare più facilmente, fino poi a potenziare molti altri aspetti di sé e il progresso tecnologico ne è la massima espressione. Quando ero nella grotta profonde riflessioni mi mandavano indietro nel tempo, pensavo ai nostri antenati, in costante dialogo con la natura ed esperti conoscitori delle sue leggi; la grande madre non fa sconti a nessuno, ma se entri in comunione con lei e te ne prendi cura ti dona tutta la sua abbondanza.
Ho salutato un’amica che in terra sarda ci era nata. Persa tra le crisi sociali dei nostri tempi, persa perché non “convenzionale”, persa perché la società occidentale non ha idea di come rapportarsi a certi insegnamenti, facendo un uso inconsapevole ed esclusivamente ludico di piante e sostanze che la natura ci ha donato come strumenti, non fondamentali,ma certamente utili per cammino di scoperta e guarigione spirituale. Abbiamo tutti voglia di evadere da qualcosa e lei né aveva davvero voglia. Azioni sociali, culturali artistiche come GAIA -la nuova umanità-, possono dare una mano a queste persone, possono vincere sul terribile. Ma sono fragili come le persone che vorrebbero e potrebbero aiutare, come la grotta di arenaria che li ha protetti ma che da un momento all’altro sarebbe potuta crollare.
In certe operazioni dedicate al bene non ci si può armare, non si possono infrangere certi valori, non c’e spazio per la competizione, le regole di mercato e il business,al massimo per difendere certi ideali si può trovare il coraggio di arrivare all’essenziale e all’essenza delle cose,come la bellezza e la purezza del corpo nudo di chi quella nuova umanità la cerca dentro se stesso.
Oggi 26 marzo è un altro giorno difficile, un giorno perso. Ma aspetta: qualcosa c’è che pulsa, che ancora fa luce, è sotto le macerie di anni di errori e stravolgimenti epocali.
Qualche mese fa un mio piccolo desiderio a preso vita, qualche mese fa ero parte di un’”elitte”, che non ha un conto in banca cospicuo, che non ha qualcosa che altri non possono avere, che non discrimina ma accoglie, un’”elitte” alla quale tutti possono accedere.
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